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TESTI CRITICI

Psyche

Vittorio Parisi

Docente di Zoologia, già Direttore del Museo di Storia Naturale dell'Università di Parma

Pensare alle farfalle, alle loro ali così splendide e fragili! La mente si esalta nell’osservare i disegni ora sontuosi ora delicati di queste protagoniste delle nostre passeggiate estive, di queste rivali dei fiori ai quali le unisce una stretta storia evolutiva.

Per primi sono i colori, quelli del macaone o della vanessa o quelli discreti delle licene, ma anche quelli eleganti delle falene, così improbabili e strani, a estasiarci. Le farfalle diventano allora le loro ali, quasi che il corpo fosse un’irrilevante appendice di esse. Solo negli Sfingidi, come nell’impressionante Sfinge testa di morto, il corpo, così cospicuo, appare in tutta la sua evidenza e ci sorprende, quasi ci disturba, per la sua imponenza. Infilzate negli spilli nelle scatole entomologiche, le farfalle sono lì, immote nella loro bellezza, sacrificate ora alla scienza ora alla nostra inquieta esigenza di collezionarle.

Eppure erano vive e volavano sulle alte erbe, ora posandosi sui fiori ora compiendo le evoluzioni delle parate nuziali, sfavillanti sotto i raggi solari che ne esaltano la bellezza. Eppure prima erano bruco, spesso con livree sgargianti quanto la farfalla, nella quale la metamorfosi lo trasformerà tramite un sofferto e meraviglioso processo: da un verme sortirà un’alata creatura che diffonderà la specie nel tempo e nello spazio, volando sulla prateria o tra gli alberi del bosco.

Come descrivere lo spettacolo quasi paralizzante di una Morpho, questo azzurro aquilone dalle ali cangianti, che vola tra gli alti, giganteschi alberi  della foresta tropicale, mentre un raggio di sole che filtra dall’alta cupola la colpisce, suscitando lampi colorati? Come cogliere, rendere duratura la bellezza delle fragili farfalle e, soprattutto, come trasmettere il fascino del loro volo e dei segreti racchiusi nei loro atteggiamenti?

Proprio quelle splendide ali, dai disegni ora raffinati ora stravaganti, di certo per noi ancora in parte enigmatici, testimoniano che quegli oggetti tanto ambiti dai collezionisti erano, prima di tutto, esseri vivi che volavano nell’eleganza delle loro evoluzioni aeree. Proprio lo splendore dirompente delle livree rischia di celare, come un involucro riflettente, l’intrigo di forme e pulsioni vitali.

Luca Gilli le restituisce alla nostra ammirazione nella loro bellezza più profonda, penetra oltre i riflessi cromatici offrendo con l’intensità del bianco e nero il tema coinvolgente della forma e del comportamento, estraendo il significato più intimo della loro meravigliosa storia evolutiva. Non come oggetti di fredde osservazioni entomologiche, ma, esse, come protagoniste di storie: simboli della nostra stessa fragilità e precarietà, esemplari testimonianze del nostro senso estetico.

Le farfalle, dunque, ci appaiono belle anche come forme, come modi di atteggiarsi, di recitare la loro parte, attrici di storie, che sono tuttavia le nostre storie. In esse la bellezza diventa funzionale alla sopravvivenza, e certamente le loro livree appariscenti hanno lo scopo di segnalare la tossicità della fragile creatura a potenziali predatori, così come quelle criptiche delle falene servono al camuffamento. Ma è davvero questa l’unica funzione?

Certo, in quanto insetti, le farfalle utilizzano soprattutto gli odori, come i feromoni, nella loro vita sociale. Ma se osserviamo il corteggiamento, ad esempio dei Satiridi, allora sorge spontanea la domanda, per ora senza risposta: e se anche le farfalle, con il loro evoluto cerebro ed i loro grandi occhi, avessero il gusto del bello?

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